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[Filosofia] I Presofisti

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view post Posted on 3/12/2012, 16:25




I PRESOFISTI



Con "presofisti" si intendono un gruppo eterogeneo di pensatori, per lo più anteriori a Socrate, che a differenza di quest'ultimo, il quale si è soffermato soprattutto sullo studio dell'uomo, si sono principalmente occupati della ricerca dell’Archè (sostanza generatrice di tutte le cose) nella natura, nella realtà. La caratteristica saliente di questi pensatori (che li distingue concettualmente, più che cronologicamente, dai Sofisti e da Socrate) è la tendenza a concentrarsi sul problema della realtà. Ciò non esclude ovviamente, come ha puntualizzato la critica novecentesca, un certo interesse per i problemi e il mondo dell'uomo, anche se rimane indubbio che se il carattere di una filosofia è determinato dalla natura del suo problema, il problema dominante della filosofia presocratica sia quello cosmologico (relativo all'universo naturale ed ai suoi princìpi) ed ontologico (relativo alla realtà in generale).

Talete, Anassimene e Anassimandro.
Ciò che accomuna questi filosofi è il problema della realtà primaria. Essi, al di sotto di tutto, esiste una realtà unica ed eterna, di cui ciò che esiste è passeggera manifestazione. Essi denominano tale sostanza archè (=principio), intendendo, con questo concetto, la materia da cui tutte le cose derivano e la forza o legge che spiga la loro nascita e morte. Da ciò l’ilozoismo (dal greco "materia vivente") e il panteismo (dal greco "tutto è Dio") di questi filosofi. Talete riteneva che il principio è l’acqua, visto che il nutrimento di ogni essere è umido. Anassimene riteneva invece che il principio di tutto fosse l’aria. Anassimandro credeva che fosse l’àperion (un principio infinito o indeterminato), dal quale tutte le cose hanno origine e nel quale tutte le cose si dissolvono (con un ciclo eterno).

I Pitagorici
-ELABORAZIONE DELLA MATEMATICA SCIENTIFICA:
Ai Pitagorici si deve indubbiamente la creazione della matematica come scienza. Anche se è vera la tradizione che Pitagora abbia desunto l'ispirazione delle sue dottrine matematiche dagli Egiziani e da altri popoli orientali, presso i quali si sarebbe intrattenuto durante i suoi viaggi, egli non poteva apprendere da questi popoli se non la conoscenza delle semplici operazioni geometriche. I Pitagorici invece cominciarono a trattare la matematica (che deve ad essi il suo nome) come una vera e propria scienza, elaborando concettualmente i suoi termini fondamentali (quantità, punto, linea, superficie, angolo, corpo).
-PENSIRO DEI PITAGORICI:
La tesi fondamentale di questa filosofia é che il numero è la sostanza delle cose. I Pitagorici riconobbero il numero come l'elemento di cui sono costituite le cose. Il numero era considerato dai Pitagorici come un insieme di unità e l'unità era considerata identica al punto geometrico. Il numero 10, considerato come il numero perfetto, era rappresentato ad es. come un triangolo che ha il quattro per lato e costituiva la sacra figura della tetraktís:


Il concetto che è alla base del principio pitagorico che le cose sono numeri è, dunque, quello di un ordine miserabile. La vera natura del mondo, come delle singole cose, consiste in un ordinamento geometrico esprimibile in numeri (misurabile). Infatti mediante il numero è possibile spiegare le cose più disparate dell’esperienza: dal moto degli astri al succedersi delle stagioni. Per cui, anche ciò che sembra lontano dal numero risulta, a ben guardare, riconducibile ad una struttura quantitativa e quindi misurabile. Ora il numero si divide in dispari e pari: questa opposizione fondamentale si riflette in tutte le cose, quindi anche nel mondo nella sua totalità, e divide il mondo stesso in due parti, l'una corrispondente al dispari, l'altra al pari. Ora, il dispari è, nella sua essenza, un’entità limitata, ovvero terminata e compiuta. A queste opposizioni i pitagorici ne aggiunsero altre, nelle quali l'ordine, il bene e la perfezione stanno sempre dalla parte del limite e del dispari, mentre il disordine, il male e l'imperfezione stanno sempre dalla parte del pari e dell’illimitato. Abbiamo così dieci opposizioni fondamentali: 1) limite, illimitato; 2) dispari, pari; 3) unità, molteplicità; 4) destra, sinistra; 5) maschio, femmina; 6) quiete, movimento; 7) retta, curva; 8) luce, tenebra; 9) bene, male; 10) quadrato, rettangolo.
-SCIENZA:
In astronomia, i Pitagorici sostennero per primi la sfericità della terra e celesti in genere. Un altro membro della scuola, Ecfanto di Siracusa, fu il primo a riconoscere la rotazione della terra intorno al suo asse, disposto nella direzione del fuoco centrale e dell’antiterra. E si dice che un altro pitagorico, Enoclide, abbia riconosciuto l’obliquità dell'eclittica rispetto all'equatore celeste.

Eraclito
Eraclito pensa infatti che la maggioranza degli uomini vivano come in un sogno illusorio e siano incapaci di comprendere le autentiche leggi del mondo circostante. Per cui, ai "dormienti", cioè ai non-filosofi, egli contrappone gli "svegli", ossia i filosofi che, andando al di là delle apparenze immediate, sanno cogliere il nocciolo segreto delle cose. Filosofo vero è colui che possiede una visione profonda degli argomenti. La concezione della realtà come fluire si concretizza nella tesi secondo cui il " principio " delle cose è il Fuoco, elemento mobile e distruttore per eccellenza, che ben simboleggia la visione eraclitea del cosmo come energia in perpetua trasformazione, in cui tutto ciò che esiste proviene dal Fuoco e ritorna al Fuoco, secondo il duplice processo della "via in giù" (il fuoco, condensandosi, diventa acqua e poi terra) e della "via in su" (la terra, rarefacendosi, si fa acqua e poi fuoco). La parte più originale del pensiero eracliteo è la teoria dell'unità dei contrari. I molti, dice Eraclito, ritengono che un opposto possa esistere senza l’altro (ad esempio il bene senza il male) oppure che la vita possa essere un porto tranquillo. Filosoficamente parlando, tale credenza è un'illusione, poiché la legge segreta del mondo, di cui Eraclito vuol essere lo scopritore e il banditore, risiede proprio nella stretta connessione dei contrari, che, in quanto opposti, lottano fra di loro - poiché " L'uno vive la morte dell'altro, come l'altro muore la vita del primo " - ma nello stesso tempo non Possono stare l'uno senza l'altro, vivendo sol l'uno in virtù dell'altro (ad esempio la sazietà della fame, la salute della malattia, la giustizia dell'offesa ecc.).

Parmenide
Parmenide, andando oltre la superficie, pretende di giungere ad un Essere unico, eterno e immutabile, di fronte a cui il nostro mondo è solo apparenza ingannatrice. Parmenide sostiene infatti che le cose non sono come i sensi e l'esperienza le manifestano, ma come la ragione le pensa secondo una logica rigorosa. Egli riteneva infatti che di fronte all'uomo si aprono due vie:il sentiero della verità (alètheia), basato sulla ragione, che ci porta a conoscere l'Essere vero, e il sentiero della verità (dòxa), basato sui sensi, che ci porta a conoscere l'Essere apparente e che il filosofo deve ovviamente scegliere quella della verità.

I Pluralisti
I Pluralisti tornano ad interessarsi del problema della natura. Tuttavia, anche per essi, Parmenide non è passato invano. Anzi la loro filosofia rappresenta un primo tentativo di sintesi fra l'Eraclitismo e l'Eleatismo (il secondo tentativo sarà attuato da Platone). Da Eraclito e dalla scuola ionica essi accettano l’idea del divenire incessante delle cose. Da Parmenide accolgono invece il concetto dell’eternità ed immutabilità dell'Essere "vero". Essi ritengono che le cose del mondo siano costituite di elementi eterni, ad esempio gli atomi, che unendosi tra di loro danno origine a ciò che noi chiamiamo " nascita " e disunendosi provocano ciò che noi chiamiamo " morte". In tal modo essi finiscono per giungere al principio secondo cui, in natura, nulla si crea e nulla si distrugge veramente, ma tutto si trasforma soltanto. Tali filosofi vengono anche detti Fisici pluralisti, in quanto ritengono che i principi della natura siano molteplici (ad esempio le "radici" di Empedocle, i "semi" di Anassagora e gli "atomi" di Democrito).

Democrito
Con gli atomisti abbiamo una sorta di "fisicizzazione" del binomio eleatico di essere e non-essere, in quanto essi identificano l’essere con il pieno e il non-essere con il vuoto. Il pieno è la materia, il vuoto è lo spazio in cui essa si muove. La materia è a sua volta costituita da un insieme di atomi, cioè di particelle indecomponibili (secondo l'etimologia stessa di "a-tomo", che in greco significa "nondivisibile "). La loro intuizione discende da una riflessione sulla problematico della divisibilità all'infinito sollevata da Zenone. Contro quest'ultimo, gli atomisti affermano che la divisibilità vale solo in campo logico-matematico, ma non in quello reale, in quanto non è assolutamente possibile pensare di dividere all'infinito la realtà materiale manifestata dai sensi, perché altrimenti, a furia di dividere la materia, la realtà si dissolverebbe nel nulla e quindi dalla materia si passerebbe alla non-materia. Ma se al fondo della natura vi fosse il nulla, non si capirebbe come da tale niente possa derivare la realtà concreta e materiale dei corpi, esattamente come dalla somma di tanti zeri possa derivare un numero qualsiasi. Democrito ci descrive con alcuni attributi dell'essere parmenideo affermando che gli atomi sono pieni, immutabili, ingenerati ed eterni. Tra di loro non vi sono differenze qualitative, perché son fatti tutti della medesima stoffa materiale. Essi si distinguono solo per le note quantitative della forma geometrica e della grandezza. Gli atomi determinano la nascita e la morte delle cose con la reciproca unione e separazione come determinano la diversità ed il mutamento di esse con i loro rapporti d'ordine e di posizione. E poiché gli atomi sono infiniti ed infinite sono le loro possibilità di combinazione, Democrito ritiene che vi siano infiniti mondi che perpetuamente nascono e muoiono. Esisteranno ad esempio mondi senz'acqua, e quindi privi di esseri viventi; oppure mondi con più soli e con più lune, ma anche mondi analoghi al nostro. Ipotizzare che non esistano mondi simili alla terra sarebbe cosa tanto incredibile, dirà il discepolo di Democrito, Metrodoro di Chio, quanto ipotizzare una sola spiga di grano in una immensa pianura. Anche l'universo, preso nella sua totalità, risulta spazialmente infinito, poiché non è pensabile ad un limite oltre il quale non si possa procedere (il poeta latino Lucrezio cercherà di evidenziare visivamente questo concetto con il paragone immaginoso dell'arciere, che, giunto ai supposti confini dell'universo, scaglia un dardo, che siccome procede ancora oltre, manifesta chiaramente l'infinità dell'universo).
 
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