Avevo trovato Zoe in un cassonetto dei rifiuti, chiusa in un sacco di plastica nero insieme a quattro fratellini e una sorellina. Era l' unica sopravvissuta, e ci teneva a farlo sapere, uggiolando a gran voce e lanciando quegli acuti richiami striduli che mi avevano indotta ad uscire di casa nel cuore della notte per andare a vedere cosa diavolo stesse facendo tutto quel casino.
All' epoca ero studentessa al secondo anno di Veterinaria, vivevo da sola in un appartamentino poco distante dalla facoltà e il week end affrontavo un viaggio di due ore in treno per tornare a casa dai miei genitori e da Alex, il mio fidanzato, che da lì a tre anni sarebbe diventato mio marito.
Studiavo tanto, ero sempre impegnatissima, uscivo di casa alle 7 del mattino per andare a lezione e tornavo la sera per cena, inevitabilmente stravolta e con la stessa voglia di vivere della suola delle ciabatte. Non avevo il tempo matematico per accudire un cucciolo, ma quando mi trovai davanti quel tremante batuffolino di pelo grigio poco più grande del mio pugno, non ci pensai due volte: la presi in braccio e me la portai in casa ( non senza aver lanciato le peggio maledizioni contro il bastardo che aveva abbandonato lei e i suoi fratelli, condannandoli ad una morte crudele).
Così iniziò la nostra parte di vita insieme. Zoe mi seguiva dappertutto, me la portavo in facoltà ( dove venne accolta a braccia aperte da docenti e studenti, e ben presto divenne la mascotte del nostro anno) e tutti i week end tornavamo nel mio paesino natale; anche la mia famiglia si innamorò di lei, esuberante cucciola di razza sconosciuta, probabilmente un incrocio tra un husky e chissà cos' altro.
Crescendo, Zoe divenne meravigliosa: assomigliava in modo strabiliante ad un lupo nell' aspetto, tranne che negli occhi. Invece dello sguardo freddo e calcolatore del lupo, Zoe aveva un' espressione di pacata dolcezza tipica del cane buono, ma così marcata come non l' avevo mi vista in nessun altro animale.
Per i successivi quindici anni non ci separammo mai: lei c' era alla mia laurea, il giorno del mio matrimonio, sedeva sul sedile posteriore della mia auto quando andavo a far visita ai miei pazienti quadrupedi, mi aiutò facendo da mamma adottiva ad un numero incalcolabile di cuccioli trovatelli come lei. E ogni volta mi guardava con quei suoi occhioni dolci, e scondinzolava come a dire " Sono in debito con te, dovrò pur ricambiare in qualche modo, no?".
E poi, accadde.
Come sa benissimo chi ha mai avuto un cane di grossa taglia, le speranze di vederli vivere più di dieci, dodici anni sono molto poche.
Zoe arrivò coraggiosamente fino a quindici anni quasi senza acciacchi: certo, era un po' sorda, non correva più come una volta e ogni tanto abbaiava a cose che non c' erano, ma non soffrì mai di qualcosa di serio.
Morì serenamente, senza soffrire. Prima di andarsene, scodinzolò ancora una volta e mi guardò con uno sguardo un po' triste, leccandomi la mano come faceva sempre quando mi vedeva piangere.
Passò un anno, e il cratere nel mio cuore lasciato dalla morte di Zoe non si era ancora rimarginato nemmeno in parte.
La vedevo ancora dappertutto, quando salivo in auto per andare al lavoro mi sorprendevo ad aprire la portiera posteriore e aspettare che lei saltasse a bordo, tutta scondinzolante, e invece l' unica cosa che saltava era il mio groppo in gola.
Oh, Zoe, mi manchi così tanto...
Una notte, mi svegliai di soprassalto.
All' inizio temetti fosse l' ennesimo attacco di nausea causato dalla mia gravidanza in corso, ma mi resi conto di stare benissimo. Falso allarme.
Poi lo sentii.
Sembrava un raschiare sommesso di unghie contro la porta.
Durò un attimo, quel tanto che bastò per farmi credere di essermelo immaginato, ma poi rieccolo ancora, seguito da un uggiolio.
Ero confusa: non avevamo animali in casa, non era possibile...
Di nuovo, questa volta più insistente.
Cominciai ad avere paura: ero completamente sola, Alex era in viaggio di lavoro e sarebbe tornato il mattino seguente. Non avevo il cellulare a portata di mano, era rimasto di sotto...
Il raspare si fece frenetico, seguito da un vero e proprio ululato lamentoso.
Il suo.
" Zoe..." mormorai. Ma non era possibile, era morta da un anno... .
Con un coraggio che non credevo di avere, scesi dal letto e mi avvicinai alla porta. Qualunque cosa ci fosse dietro, raspava e gemeva in continuazione.
Aprii la porta.
E non vidi niente.
Prima ancora che potessi domandarmi qualsiasi cosa, ecco che lo sentii ancora.
Stavolta proveniva da sotto, dalla porta di ingresso, ed era ancora più frenetico.
Senza pensarci due volte, corsi giù e spalancai il portone.
In fondo al giardino, vidi una figura sinuosa strisciare nell' oscurità. Un profilo che non avrei mai e poi mai potuto confondere.
Feci un passo in quella direzione, uno solo, e poi sentii la terra mancarmi da sotto i piedi.
Sto scrivendo questa storia dal mio letto di ospedale.
Mi hanno trovata davanti alle macerie di casa, completamente illesa, salvo un grosso bernoccolo in testa causato dall' orribile vaso che mi ha regalato quel mostro di mia suocera che è precipitato dal balcone e mi ha centrata in pieno.
C'è stato un terremoto, una scossa terribile.
Se non fossi uscita di casa in tempo, a quest' ora sarei morta. Anche il bambino sta bene, per fortuna.
Dicono che sono stata fortunata... io penso che la mia fortuna abbia vissuto con me quindici anni, e poi sia tornata per ricambiare il favore che le avevo fatto.
E' tornata indietro per me, mi ha salvata ed è tornata nell' ombra.
Spero che il figlio che porto in grembo sia una bambina.
In tal caso, so già che nome porterà. Avrà un grande angelo custode.
Fonte:
CODICE
http://creepypasta.forumcommunity.net/?t=46585843